Come fossero oggetti mitologici le malghe della Lessinia camminano...o almeno camminavano. Con il termine “malghe” spesso si indicano gli edifici in pietra tipici dell’alta Lessinia, ma in realtà si intende tutta l’unità gestionale del pascolo estivo, dagli edifici, al bosco, al pascolo, e per questo venivano chiamati anche “montagne”. Delle “montagne” cambiavano costantemente i limiti, le zone di mungitura, le aree di pascolo, ma ogni paio d’anni cambiava un’altra cosa particolare: la posizione dei “baiti”. A guardarli oggi sembrerebbe un’impresa impossibile, come potevano spostare questa mole di roccia? Ma la loro “pietrificazione” risale solamente al XIX secolo. Precedentemente si trattava di “casoni” in legno e paglia che ogni paio d’anni venivano smontati dalla loro posizione e rimontati in un posto diverso della “montagna” come buona norma per la manutenzione di un pascolo sano.
Queste ed altre storie ci sono state raccontate da Barbara dell’associazione “Quei de Fopiam”, che dalla passione per la fotografia delle malghe ha visto nascere una collaborazione con un architetto di Verona per la documentazione del “nomadismo” dei baiti. La sua esplorazione è partita dalle mappe storiche: è stato proprio sovrapponendo metodicamente mappe di diversi periodi che si è resa conto che i baiti si spostavano continuamente o, usando le parole di Barbara, che «camminavano». Il lavoro di ricostruzione è poi continuato tra le malghe di tutta la Lessinia, identificando ciò che rimaneva dei profili dei vecchi baiti in legno e ripercorrendo i loro spostamenti. La stessa cosa ha fatto per la “sua” Foppiano trovando le tracce di un baito in legno risalenti al 1896. Dopo quella data, il Bait de Fopiam è stato pietrificato nella posizione in cui lo trovate ancora oggi senza avere più la possibilità di camminare per la “montagna”.